In Italia anche la cessione gratuita di stupefacente è reato, ed anche se ha ad oggetto le c.d. droghe leggere come la Cannabis. Questo è quanto affermano i Giudici italiani con orientamento costante, ed è quanto previsto dagli artt. 71 e 72 della L. n. 685/1975, i quali puniscono la cessione, a qualsiasi titolo ed anche gratuita, della sostanza stupefacente.
A determinare l’illiceità della cessione è quindi sufficiente la semplice consegna ad altri di detta sostanza, mentre restano irrilevanti la liberalità, la benevolenza, la cortesia, lo scambio reciproco, la restituzione, l’uso in comune, con o senza divisione della sostanza, ed altre simili ragioni per cui viene effettuata la cessione; lo scopo della norma incriminatrice è infatti quello di reprimere tutte le forme di cessione di stupefacenti.
L’unica possibilità di ottenere l’assoluzione da parte dell’imputato è quella di provare che vi era stato un acquisto comune dello stupefacente – posto che l’acquisto di gruppo anche se effettuato da una sola persona non è punibile – e che la cessione a titolo gratuito fosse avvenuta sempre a seguito del previo accordo dell’acquisto in comune. Può quindi affermarsi che non eslude lo spaccio la mera finalità di fornire la sostanza gratis.
Sotto il profilo probatorio, la prova della destinazione allo spaccio spetta all’accusa, mentre quella relativa all’acquisto in comune della sostanza – sia pure per il tramite di uno de partecipanti – come visto è a carico dell’imputato, il quale all’uopo dovrà portare le prove circa il fatto che il denaro era di tutti i partecipanti e che vi era lo scopo comune che il consumo rimanesse all’interno del gruppo.
Il prevenuto, qualora non riesca a provare l’acquisto di gruppo, potrà provare a richiedere l’applicazione dell’attenuante (ai sensi dell’art. 73, V° co. D.p.R. n. 309/1990), stante la minore gravità del fatto (tra l’altro solitamente se la cessione è a titolo gratuito vuol dire che il quantitativo di stupefacente era di modica quantità).
Anche l’offerta di droga a titolo gratuito, come nel caso di chi “passa” uno spinello acceso ad un’altra persona, integra il reato di cessione di sostanza stupefacente da parte dell’agente.
Di seguito il passo letterale di una sentenza che per l’appunto ha statuito la rilevanza penale della cessione a titolo gratuito:
“Del resto, anche la cessione gratuita (non contestata neanche nel ricorso per cassazione) configura il reato: “Per la configurabilità dell’ipotesi di codetenzione per uso di gruppo di sostanza stupefacente, non punibile in base al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 75, occorre la prova rigorosa che la droga sia stata acquistata in comune, con il denaro cioè di tutti i partecipanti al gruppo ed allo scopo di destinarla al consumo esclusivo dei medesimi. Se l’acquisto e il consumo rimangono circoscritti all’interno del gruppo degli assuntori, è irrilevante che la sostanza sia detenuta da uno solo di essi, in quanto l’intero quantitativo è idealmente divisibile in quote corrispondenti al numero dei menzionati partecipanti. In difetto di ciò, sussiste per il detentore il reato di cessione, sia pure gratuita, a terzi di sostanza stupefacente. (La Corte ha precisato che la contraria prova della destinazione della droga allo spaccio spetta all’accusa, mentre non incombe all’imputato l’onere inverso di dimostrare la propria innocenza)”” (Cass. Pen. n. 43567/2018).